Echinococcosi

INFORMAZIONI GENERALI
L’echinococcosi è una zoonosi parassitaria causata dalla forma adulta o larvale del cestode del genere Echinococcus, appartenente alla famiglia Taeniidae.
TASSONOMIA
Phylum: Plathelminthes
Classe: Cestoda
Ordine: Cyclophyllidea
Famiglia: Taeniidae
Genere: Echinococcus
Specie: E. granulosus sensu lato, E. multilocularis, E. vogeli, E.oligartus.
La specie E. granulosus sensu lato a sua volta comprende:
E. granulosus sensu stricto (G1 e G3 - G2 considerato ora una variante del G3);
E. ortleppi (G5);
E. canadensis (G6, G7, G8, G10- G9 considerato ora una variante del G7);
E. felidis o ceppo del leone presente in Africa;
E. shiquicus o ceppo della volpe presente in Tibet.
Echinococcus granulosus ed Echinococcus multilocularis sono le specie di maggiore rilevanza per la salute umana, causando rispettivamente l'echinococcosi cistica (CE) e l'echinococcosi alveolare (AE).
Questa tenia di pochi millimetri necessita di due ospiti (mammiferi) per il completamento del suo ciclo vitale. La forma adulta del parassita alberga nell’intestino del cane domestico e in canidi selvatici (principalmente volpi in E. multilocularis), che rappresentano gli ospiti definitivi (OD) e che eliminano le uova nell’ambiente esterno con le feci (proglottide gravida emessa ogni 15 giorni e contenente da 1000 a 15000 uova). Le uova possono disperdersi nel raggio di 80-100 metri grazie al vento, alle piogge, al calpestio degli animali ma anche grazie agli insetti (es. le mosche) e persistere vitali e infestanti fino ad un anno.
Gli ospiti intermedi (OI), rappresentati principalmente dagli ovini, oltre a caprini, suini, bovini, cavalli (roditori selvatici e ruminanti in E. multilocularis), si infestano ingerendo le uova presenti nell’ambiente esterno, le quali una volta ingerite si schiudono nel piccolo intestino liberando la forma larvale (larva esacanta) che, migrando nel circolo sanguigno, si può localizzare a livello epatico, polmonare e occasionalmente in altri siti, trasformandosi in cisti idatidea. Gli OD si infettano ingerendo le cisti idatidee presenti negli OI.
L’uomo viene considerato un ospite intermedio accidentale o aberrante che contrae la malattia ingerendo le uova presenti nelle verdure crude mal lavate, portandosi le mani sporche di terra alla bocca o per un contatto stretto con cani eliminatori di uova. Nell’uomo le cisti che si formano vanno a localizzarsi principalmente a livello epatico (80% dei casi) e polmonare, ma non sono escluse altre sedi di reperimento.
ASPETTI EPIDEMIOLOGICI
Echinococcus spp. ha una diffusione cosmopolita, in particolare E. granulosus è diffuso in tutti i continenti e considerato endemico in Cina e in altri paesi dell’Asia centrale, in Sud America, in molti paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo e in varie parti dell’Africa orientale (Wen et al., 2019). In Europa i dati raccolti da EFSA (report 2022) evidenziano una maggiore distribuzione di E. granulosus rispetto a E. multilocularis, con una positività di circa lo 0,16% dei campioni analizzati. La più alta prevalenza si è riscontrata in Italia (50,7%) e Spagna (41,9%), seguiti da Regno Unito, Grecia, Bulgaria, Polonia e Slovacchia.
Relativamente alla specie animale interessata, pecore e capre sono quelle maggiormente colpite (69,2%), seguite in percentuali minori da altre specie recettive all’infezione.
Per quanto riguarda la diffusione e la distribuzione dei genotipi di E. granulosus presenti nel continente europeo, sia per gli animali che per l’uomo, la specie riscontrata con maggiore frequenza è E. granulosus sensu stricto genotipi G1 e G3, meno frequenti altre specie come E. canadensis genotipi G6 e G7 e E. ortleppi genotipo G5 (Casulli et al., 2022).
In Italia purtroppo non esiste un vero e proprio sistema di sorveglianza per l’echinococcosi, per cui l’impatto che questa malattia ha sulla salute umana e animale rischia di essere sottostimato (Loi et al., 2019). Contrariamente a E. multilocularis il cui ospite definitivo principale è rappresentato dalla volpe rossa e che ha una distribuzione più ristretta (versante italiano delle Alpi), E. granulosus è invece ampiamente diffuso in Italia. L’echinococcosi cistica infatti è da considerarsi endemica nel nostro paese (Varcasia et al., 2020) e il suo ciclo biologico coinvolge principalmente il cane come ospite definitivo e i ruminanti domestici (soprattutto le pecore) come ospiti intermedi. Per tale motivo la patologia si riscontra con la più alta prevalenza nelle zone rurali in cui si pratica la pastorizia (Casulli et al., 2022; Ghatee et al., 2020). Dai dati fino ad ora raccolti la prevalenza di E. granulosus è molto alta nelle regioni meridionali e nelle isole (considerata iperendemica in Sardegna), più moderata nel centro Italia e bassa nelle regioni settentrionali (Sgroi et al., 2019). Per quanto concerne la circolazione dei genotipi in Italia, G1 e G3 sono quelli più frequentemente riscontrati nei ruminanti (Varcasia et al., 2020).
Anche gli animali selvatici possono contrarre E. granulosus e comportarsi da ospiti intermedi (ruminanti selvatici) o definitivi (lupo), tuttavia, la prevalenza ad oggi registrata in questi animali è relativamente bassa, per cui questi casi di infezione vengono considerati come correlati al ciclo domestico e non come appartenenti ad un ciclo selvatico vero e proprio (Crotti et al., 2023). In Italia, la presenza di E. granulosus (in particolare del ceppo G1) è stata riscontrata in vari ungulati selvatici (Deplazes et al., 2017; Di Paolo et al., 2017; Paoletti et al., 2019, Sgroi et al., 2019) e nel cinghiale risultato positivo sia ai genotipi G1 e G3 (Varcasia et al., 2008; Di Nicola et al., 2015; Di Paolo et al., 2017) che al genotipo G7 (Pavia et al., 2020; Sgroi et al., 2019). Il principale ospite definitivo selvatico di E. granulosus in Italia è il lupo, risultato positivo alla parassitosi in vari studi sia recenti che passati fatti su tutto il territorio nazionale (Guberti et al., 2004; Crotti et al., 2023; Macchioni et al., 2021; Poglayen et al., 2017; Di Francesco et al., 2019) con una prevalenza comunque bassa e correlata a quella dell’infezione della specie ovina; infatti, gli studi si concentrano tutti nelle zone d’Italia in cui si pratica più pastorizia (Crotti et al., 2023).
ECHINOCOCCOSI CISTICA
CENTRI E LABORATORI DI RIFERIMENTO
Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sardegna - Centro Nazionale di Referenza per l’Echinococcosi/Idatidosi (CeNRE), Dr.ssa Giovanna Masala
Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Umbria e delle Marche
U.O. Semplice Laboratorio Diagnostica Specialistica e Benessere Animale, Dr.ssa Silvia Crotti (Referente IZSUM per il CeNRE)
U.O.Semplice Laboratorio Diagnostica Perugia, Dr.ssa Papa Paola
Centro Specialistico Patologie dei Piccoli Ruminanti, Dr.ssa Nicoletta D'Avino
U.O.Semplice Laboratorio Istopatologia Veterinaria e Comparata, Dr.ssa Elisabetta Manuali
TRASMISSIONE
E. granulosus sensu lato è responsabile della cosiddetta idatidosi cistica (o Echinococcosi cistica), zoonosi parassitaria endemica in tutti i continenti. In Italia è presente in tutto il territorio, iperendemica in Sardegna.
Di seguito si riporta il ciclo biologico di E. granulosus sensu lato (fonte CDC):
Nella sua forma adulta si ritrova nell’intestino tenue di varie specie di carnivori domestici e selvatici, che rappresentano gli OD. Nel cane il periodo di prepatenza, cioè il tempo tra l'ingestione delle larve e la possibilità di riprodursi sessualmente nell'organismo, varia tra le 6 e le 11 settimane ma molto spesso la sintomatologia è assente perché scarsamente patogeno. Le uova possono restare infestanti molto tempo in ambiente esterno, fino a 2 anni con la giusta combinazione di temperatura e umidità.
Nella forma larvale si localizza in diversi organi di una grande varietà di OI, tra cui ruminanti, equidi, suidi e uomo, definito ospite accidentale o aberrante. Nell’OI la crescita delle cisti è molto lenta, da 18 mesi a 2 anni e mezzo nell’ovino, fino a 6 anni nel bovino. I sintomi in questi animali si hanno solo come conseguenza di compressione su organi vitali, tant’è che molto spesso l’idatidosi cistica si segnala solo come reperto al mattatoio.
MANIFESTAZIONI CLINICHE
Nell’ospite definitivo l’echinococcosi è quasi sempre asintomatica, anche in casi caratterizzati da un’elevata carica parassitaria intestinale; invece, negli ospiti intermedi, la sintomatologia clinica è strettamente legata alla localizzazione, al numero e alla grandezza delle cisti idatidee presenti. Nella maggior parte dei casi, le cisti di Echinococcus si localizzano a livello di fegato e/o polmoni, per cui si riscontreranno segni clinici imputabili a malfunzionamenti di questi organi; inoltre, dal momento che i tempi di sviluppo, diffusione e crescita di queste cisti sono molto lunghi, la sintomatologia clinica in questi soggetti spesso si evidenzia anni dopo l’infezione (McManus et al., 2012). Tuttavia negli animali da reddito spesso la diagnosi avviene per il ritrovamento accidentale delle lesioni al momento della macellazione anche se l’infezione può associata a riduzione del peso della carcassa (in ovi-caprini e bovini), diminuzione del valore della pelle (in ovini e bovini), diminuzione della produzione lattea (in ovi-capini e bovini) e diminuzione della fertilità (in ovi-caprini e bovini) (Budke et al., 2006). Nell’uomo questa parassitosi è invece molto più importante dal punto di vista clinico, tantoché, per gli alti valori di morbilità e mortalità registrati in tutto il mondo, sia l’echinococcosi cistica (EC) che l’echinococcosi alveolare (EA) sono state classificate come patologie tropicali neglette (NTDs) dall’organizzazione mondiale della sanità (WHO) (Casulli et al., 2023): si stima che nelle aree endemiche l’incidenza annua dell’echinococcosi cistica vada da <1 a 200 ogni 100,000 abitanti (Wen et al., 2019) e in Italia rappresenta la seconda zoonosi per ospedalizzazione, registrando circa 900 casi ogni anno (Parere CNSA, 2021). L’echinococcosi cistica umana si presenta generalmente con sintomatologia epatica oppure respiratoria, nonostante le cisti possano andarsi a localizzare più eccezionalmente anche in encefalo, milza, reni e cuore. Quando le cisti raggiungono notevoli dimensioni (fino a 10 cm di diametro), possono facilmente portare alterazioni di funzionalità dell’organo colpito e danni compressivi nei tessuti circostanti; inoltre, non è raro che la rottura della cisti (traumatica o spontanea) possa portare reazioni allergiche fino anche allo shock anafilattico (Wen et al., 2019). L’echinococcosi alveolare è una patologia di minore riscontro a livello globale ma ha un tasso di mortalità maggiore, in quanto generalmente le cisti si localizzano a livello epatico, provocando un carcinoma epatico letale se non trattato (Parere CNSA, 2021).
TERAPIA
Prevenzione e controllo di questa zoonosi parassitaria, considerata una delle 7 malattie mondiali neglette, risultano assai complessi. Se da un lato appare di fondamentale importanza agire su un piano di educazione sanitaria, sul potenziamento dell’ispezione degli alimenti, ecc., dall’altro bisogna agire su un approccio che miri alla interruzione del ciclo vitale del parassita. Di indubbia importanza sono i trattamenti antielmintici sugli ospiti definitivi, in particolar modo su cani che vivono in strutture quali canili o allevamenti, dove, indipendentemente dalla echinococcosi cistica che comunque necessita di due ospiti per completare il proprio ciclo biologico, ci sono una serie di patologie condizionate dalla condivisione degli spazi. Oltre quindi ad evitare il sovraffollamento, fondamentale risulta il trattamento farmacologico. Il farmaco d’elezione per l’echinococcosi nel cane è il praziquantel, antielmintico efficace verso gli stadi immaturi e maturi di E. granulosus. Da somministrare a cadenza periodica molto ravvicinata quando si ha il sospetto che i cani possano avere accesso a visceri o carni infestate (fino ad un trattamento ogni 45 giorni). Tuttavia tale farmaco non presenta azione ovicida, per cui nelle 48 h successive al trattamento, le feci del cane devono essere distrutte, questo anche a tutela di tutto il personale che lavora all’interno di strutture quali canili o allevamenti e che possono venire a contatto con le uova. Altro aspetto da tenere sotto controllo è legato al tipo di alimentazione riservata agli ospiti definitivi, cani in particolare. Si raccomanda infatti di non alimentare assolutamente gli animali con le carcasse di animali morti in azienda e potenzialmente infetti, di prediligere la cottura delle carni e tenere presente che il tempo di congelamento delle carni ovine e caprine deve essere almeno 14 giorni a temperatura di -15°C. In ogni caso è fortemente sconsigliata la somministrazione di carne cruda.
DIAGNOSI
Ricerca di Echinococcus granulosus negli ospiti definitivi
- RICERCA DIRETTA DEL PARASSITA
Il test diagnostico considerato il “gold standard” per la ricerca del parassita negli OD è rappresentato dall’indagine necroscopica dell’intestino tenue, attraverso cui è possibile osservare direttamente le forme adulte del parassita all’interno del lume dell’organo.
- INDAGINE MOLECOLARE
Qualora i livelli di infestazione siano bassi (presenza di meno di 6 tenie adulte nell’intestino), per evitare di ottenere risultati “falsi negativi”, si ricorre ad indagini molecolari. A tale scopo le feci di carnivori vengono sottoposte ad una estrazione del DNA e ad una successiva multiplex-PCR che permette la rilevazione di DNA di E. multilocularis, E. granulosus e Taenia spp. (Trachsel et al., 2007). In caso di positività per E. granulosus o per Taenia spp. si procede con il sequenziamento genico Sanger automatizzato, al fine di ottenere l’ identificare di specie.
Ricerca di Echinococcus granulosus negli ospiti intermedi
- VALUTAZIONE MACROSCOPICA DELLE CISTI
Il primo punto di osservazione di cisti presente in organi di OI è rappresentato dalla visita ispettiva post-mortem al mattatoio, eseguita dal Veterinario ufficiale. Nel caso di animali sottoposti a esame necroscopico prima del raggiungimento dell’età di macellazione, l’osservazione delle cisti verrà condotta dal veterinario che esegue l’esame anatomo-patologico. Le dimensioni della ciste, il loro aspetto macroscopico, l’osservazione microscopica dei protoscolici come indice di fertilità della ciste stessa, sono parametri che vengono presi in considerazione per emettere un sospetto diagnostico. La ciste infatti può essere confusa con altri parassiti (es. Cysticercus spp., Toxocara spp.) o con altre tipologie di lesione (es. granulomi tubercolari, cisti congenite).
Polmone di bovino con cisti idatidee.
Fegato di bovino con numerose cisti idatidee di grandi dimensioni.
Particolare di cisti idatidea in fegato di bovino; all’interno della membrana proligera si evidenziano cisti “figlie” immerse nel liquido idatideo nelle quali si sviluppano i protoscolici.
Per la conferma diagnostica è quindi necessario ricorrere ad ulteriori indagini, come l’esame istologico o indagini molecolari.
- ESAME ISTOLOGICO
L’esame istologico viene condotto prelevando una parte o l’intera cisti (in base alle sue dimensioni), ponendola in formalina per fissare i tessuti, poi in paraffina ed infine colorando una sottilissima fetta di tessuto precedentemente tagliato al microtomo, con una colorazione specifica (Ematossilina-Eosina). Al microscopio ottico si osservano lesioni granulomatose cistiche, caratterizzate da una capsula costituita da numerose cellule giganti multinucleate di tipo Mueller, granulociti eosinofili e fibroblasti/fibrociti, che circoscrive una membrana interna sinciziale (proligera) dalla quale si dipartono strutture lamellari eosinofile.
- INDAGINE MOLECOLARE
Le cisti tissutali prelevate in sede di macello o in sede necroscopica vengono sottoposte ad una fase di estrazione del DNA, seguita da una amplificazione dello stesso mediante un saggio di PCR. Nello specifico, per la ricerca di E. granulosus si eseguono contemporaneamente due PCR su due geni target differenti. Di seguito si riporta l’interpretazione delle due prove:
Nel caso di positività per E. granulosus sensu stricto si procederà ad un sequenziamento del prodotto di PCR ottenuto dal gene target Nad5; nel caso invece di positività per E. granulosus sensu lato diverso da G1 e G3 o di E. multilocularis si procederà ad un sequenziamento del prodotto di PCR ottenuto dal gene target Cox1. In entrambi i casi, scopo del sequenziamento è quello di identificare, a livello di specie e variante, il parassita circolante nel territorio oggetto di indagine.
ECHINOCOCCOSI ALVEOLARE
E. multilocularis è responsabile della cosiddetta idatidosi alveolare (o echinococcosi alveolare) una malattia grave che può essere fatale per l’uomo se non appropriatamente trattata. Dopo la rabbia, E. multilocularis, rappresenta infatti il maggior agente zoonotico trasmesso dalla volpe all’uomo. Di seguito si riporta il ciclo biologico di E. multilocularis (fonte CDC):
Fortunatamente ad oggi il nostro territorio di competenza risulta esente da questo parassita. Tuttavia, grazie al costante monitoraggio, è possibile mantenere elevato il livello di attenzione evidenziando precocemente qualsiasi cambiamento in termini di distribuzione dei parassiti nel territorio.
BIBLIOGRAFIA
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NORME DI RIFERIMENTO
La Direttiva 2003/99/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 Novembre 2003 sulle misure di sorveglianza delle zoonosi e degli agenti zoonosici, recepita dal Decreto legislativo n. 191 del 4 Aprile 2006, inserisce l’Echinococcosi e relativi agenti zoonosici nell’elenco A dell’articolo 4 comma 3 (zoonosi ed agenti zoonosici da sottoporre a sorveglianza).
Inoltre il Regolamento CE n. 854/2004, che stabilisce norme specifiche per l’organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano, nell’allegato 1 capo 2 punto D recita che: “Occorre prestare un’attenzione particolare all’individuazione delle zoonosi, delle malattie di cui all’elenco A, e laddove è opportuno all’elenco B della UIE”: l’Echinococcosi è contemplata nell’elenco B tra le “Multiple species disease”.